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Identità Vibonesi

Vito Teti

da Identità Vibonesi | Antropologi, Personaggi

Vito Teti ( San Nicola da Crissa nel 1950) è un antropologo italiano

Nato a San Nicola da Crissa  dove è “tornato”, dopo essere vissuto a Roma, Catanzaro, Messina, Parigi, Cosenza e aver molto viaggiato (pratica che coniuga come altro volto del suo “restare”), Vito Teti ha insegnato presso diverse Università e ha tenuto corsi e seminari in Università e istituti culturali stranieri (Toronto, Montreal, Parigi). È professore ordinario di Antropologia Culturale presso presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Unical, dove ha fondato e dirige il Centro di iniziative e ricerche “Antropologie e Letterature del Mediterraneo”. È Direttore del Centro Demo-Antropologico “Raffaele Lombardi Satriani” presso lo stesso Dipartimento. È componente di numerosi organismi scientifici, italiani e stranieri, e membro di Comitati Scientifici di riviste italiane e straniere. È tra l’altro responsabile dell’Icaf, la sezione italiana dell’Associazione Europea di Antropologia dell’Alimentazione. Fa parte della Deputazione di Storia Patria per la Calabria ed è nel Comitato Scientifico della Rivista “Rogerius”.

Nell’ambito dell’attività culturale del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Unical si è occupato del recupero, della salvaguardia, della valorizzazione di testi editi e inediti di Corrado Alvaro, Lorenzo Calogero, Saverio Strati e di memorie di protagonisti del Risorgimento calabrese e meridionale, oltre che della raccolta e sistemazione di documenti orali, iconografici, sonori e filmici. Ha organizzato Convegni su tematiche relative a: Antropologia dell’alimentazione; Antropologia del Mezzogiorno e del Mediterraneo; Emigrazione e costruzione dell’identità; Immagini e rappresentazioni del Sud; Antropologia dell’acqua; Storia e antropologia delle catastrofi e del terremoto; Antropologia e Letteratura ecc.

Si è occupato di storia e culture dell’alimentazione, di antropologia del viaggio e dell’emigrazione, di riti e feste nella società tradizionale e in quella attuale, di antropologia ed etnografia dell’abbandono con particolare riferimento al Mezzogiorno d’Italia e al Mediterraneo. E’ autore di volumi, saggi, racconti (tradotti in inglese, francese, spagnolo), reportage fotografici, documentari etnografici. Molti suoi articoli, apparsi su quotidiani e riveste calabresi e nazionali, hanno alimentato intensi dibattiti in ambito scientifico, culturale, “politico”.

 

Con “Terra inquieta. Per un’antropologia dell’erranza” edito da Rubbettino, Vito Teti attribuisce alla Calabria un aggettivo veritiero, efficace e suggestivo per riassumere ed esaltare un tormento arcaico di una terra senza pace, inafferrabile, fascinosa, lontana, ambigua, vaga, selvaggia e leggendaria. L’antropologo illustra una perenne mobilità della gente che la popola ricorrendo ad un abilissimo gioco di linee immaginarie che in un moto ondulato intersecano tra loro passato, presente e futuro. Il racconto così come la storia stessa della Calabria si ricongiunge in un cerchio che si spiega in una miriade di riti, abitudini, tradizioni del popolo calabrese.

Il saggio preziosissimo propone l’autenticità dei luoghi presentando le diversità e i contrasti della Calabria, “punta estrema dell’Italia, metafora del Mezzogiorno e della questione meridionale” offrendo così una lettura che appare essa stessa un viaggio pregno di sussulti, fughe, melanconie. Ogni pagina è una scoperta accurata e sorprendente, un modo questo di fare memoria ma anche di denunciare le mancanze, le distrazioni, le superficialità che hanno permesso scellerate devastazioni come alcune catastrofi indotte dall’uomo aggravate da quelle naturali.

In un sapiente alternarsi di testi e foto, strumento quest’ultimo prediletto da Vito Teti che definisce la fotografia come un altro occhio per guardare nonché strumento indispensabile d’osservazione, il libro nella sua interezza si presenta come un reportage fondamentale per comprendere andate e ritorni delle comunità che hanno vissuto l’emigrazione con dolore come fosse una sorta di morte. Una separazione che induce a provare anche un sentimento di speranza in grado di attuare una rinascita da compiere altrove. L’emigrato condannato a sentirsi costantemente straniero come fosse in sospeso tra la terra natia e quella che l’accoglie, compie un viaggio nel quale mito e storia coincidono.

Presentare la popolazione calabrese come gente errante che supera frontiere e lascia tracce del suo passaggio, è un modo per riaffermare le teorie già introdotte da Corrado Alvaro nel 1958 che soffermandosi sulla necessità della gente di fuggire giunge a una lungimirante constatazione: “Fisicamente o fantasticamente, la Calabria è oggi in fuga da se stessa”. Tuttavia sebbene l’emigrazione sia erosione della società, essa contiene comunque elementi di continuità, gli stessi che consentono la chiusura di quel cerchio immaginario indispensabile per comprendere una regione annoverata da Vito Teti come “la grande dimenticata, la grande silenziosa, la ripetutamente scoperta”.

Tra le altre pubblicazioni ricordiamo: Storia dell’acqua, Donzelli, Roma 2003; Il senso dei luoghi. Paesi abbandonati di Calabria, ivi, 2004; Storia del peperoncino, ivi, 2007; La melanconia del vampiro, Manifestolibri, Roma 2007 (I ed. 1994); Pietre di pane. Un’antropologia del restare, Quodlibet, Macerata 2011; La razza maledetta. Origini del pregiudizio antimeridionale, Manifestolibri, Roma, 2011 (I ed. 1993); Maledetto Sud, Einaudi, Torino 2013.

Suoi lavori sono tradotti, in versione integrale o parziale, in Francia, Spagna, Canada. Ha avuto numerosi riconoscimenti e Premi per la sua attività saggistica e letteraria. Con Il patriota e la maestra nel 2013 ha vinto il Premio letterario Tropea ed è stato finalista al Premio Palmi. Con Maledetto Sud è stato finalista al Premio di saggistica Roseto degli Abruzzi.

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1 commento

  1. Daniel
    Daniel il 28 Luglio 2021 alle 11:09

    Per Segnior Vito Teti… potete aiutarmi con maggiori informazioni su Bertola Giovana “La voce della donne nel 800” Ho bisogno di più informazioni sulla sua personalità perché hanno un raro libro Odissea di Omero del 1488 scritto in greco antico, ma all’interno del libro c’è la firma di Bertola Giovana del 18 giugno 1881 Voglio capitalizzare su questo vecchio libro e voglio sapere se la firma in questo libro ha qualche rilevanza per questo ho bisogno di maggiori informazioni su questa personalità del mito femminile del 1800. Vi ringrazio per la voastră grntileza e vostro risposta

    Rispondi

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